Oltre la discesa in cemento che ricorda un garage di via Ripamonti a Milano, si scopre come si fanno gli ombrelli ad arte. Un segreto di sei generazioni di famiglia di ombrellai e un nome: Francesco Maglia. Questo perché un figlio è sempre stato chiamato così. Sarà proprio lui in persona ad aprire le porte del laboratorio dove entrano star hollywoodiane, famiglie reali e nobili inglesi per scegliere tra le oltre venticinque tipologie di legno (estirpato, non tagliato) per l’impugnatura o il tessuto più adatto tra i trecentocinquanta presenti o i tremila raccolti nell’archivio del passato. Regimental, rigati e gessati vengono cuciti e ricamati a mano nel reparto sartoria mentre il taglio, la prova tecnica degli oltre centodieci passaggi necessari per realizzare l’ombrello perfetto, si fanno su tavoli di legno e miriadi di cassetti che ricordano un’officina. Uno spazio affascinante per un saper fare senza tempo, apprezzato da chi ama il ben fatto. Un ombrello realizzato da queste mani dura oltre cinquant’anni e in caso di rottura, come un Lusciatt (l’ombrellaio ambulante che nell’800 lil aggiustava) che si intravede tra le pubblicità vintage appese ad una parete, si sistema per durare per sempre, come un gioiello.