Moda Etica - Sartoria Gelso, inclusione e creatività nel cuore di Torino

Uno spazio dove tessuti, persone e progetti di moda trovano casa

5 ottobre 2021

Antonella, responsabile della Sartoria Sociale

È un ambiente molto stimolante, vivo, dinamico dove circolano persone e idee che poi davvero si concretizzano. La possibilità di poter assistere e contribuire all’intero ciclo produttivo insieme a chi quell’idea l’ha avuta dà una grande soddisfazione. Alla Sartoria ognuno si sente una parte fondamentale del ciclo, un tassello che compone il manufatto. Poter stringere fra le mani un capo di moda fatto completamente da noi dà un senso al nostro lavoro, spesso faticoso

Aiutare le donne a ritrovare indipendenza e sicurezza imparando a fare un mestiere, innamorandosene. È questo l’obiettivo che nel lontano 1755 guida Francesca Maria Govone (poi diventata Suor Rosa) all’apertura delle porte della sua Opera per accogliere donne che per diversi motivi, facevano fatica a vivere. Una comunità indipendente che non voleva affidarsi all’elemosina ma al proprio saper fare: «Vivrai dell’opera delle tue mani» è il motto che ancora oggi si legge sul portone dell’ingresso principale dell’Istituto delle Rosine. Oggi casa della Sartoria Sociale Gelso.

«Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: Sràdicati e và a piantarti nel mare!» (Luca 17,6). Questo il passo biblico che ispira il nome della rete di volontari che dagli anni ‘90 hanno ripreso l’attività nel cuore di Torino (dal 2015 organizzata dalla Cooperativa Sociale Patchanka). Ricamo, creazione e riparazioni sartoriali ciò che danno il ritmo al laboratorio, l’anima è invece quella delle donne che vivono un momento difficile del loro percorso e di chi, trasmettendo passione, le aiuta a ripartire. Ci si chiama per nome: Lucia sta al taglio del tessuto, Irina, Nelly, Yazam e Teresa alla produzione in serie, Maria alle creazioni su misura, Federica si occupa della gestione della produzione e disegna la collezione, Antonella è responsabile, Giulia segue corsi e workshop, Maria è responsabile della produzione in carcere, Elena e Anna curano la comunicazione.

«Una delle nostre mission è aiutare le donne che dopo aver terminato un periodo in carcere vogliono ritrovare una stabilità transitoria», raccontano. Dall’etichettatura alla valorizzazione delle stoffe, che in oltre trent’anni di donazioni e rimanenze, sono oggi un patrimonio di tessuti per le creazioni della Sartoria e per le collezioni o capsule con stilisti del territorio (come con Alessandra Berardi di Sassi).

A questo si aggiunge la collaborazione nel laboratorio con le detenute all’interno della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, attiva dal 2017.

Ogni dettaglio, dalla piccola cucitura al taglio del fazzoletto per gli Scout fino alle lavorazioni più complesse guidate dalle mani di sarte esperte, sono uno stimolo per gli ultimi arrivati. La voglia di imparare è contagiosa, così come l’atmosfera inclusiva, colorata ma elegantemente torinese dell’atelier (dove ci sono parquet, specchi e tessuti preziosi sugli scaffali).

Yazam, è l’unico sarto uomo nella squadra: dopo aver iniziato un tirocinio in via delle Rosine, «è diventato molto bravo e non ci ha più lasciato». Lo stesso vale per le donne che sono entrate in Sartoria Gelso oltre vent’anni fa e che oggi, invece, sono i punti di riferimento per chi arriva. Un cerchio di sapere e valori che unisce a doppio filo persone, vite e sostenibilità dei materiali.

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