Biella, lana, arte: Nino Cerruti e il Lanificio F.lli Cerruti
L'eccellenza dei tessuti dal 1881
11 agosto 2022
Lo chiamano Signor Nino. È l’uomo che ha tradotto l’eccellenza del lavoro di un lanificio nel distretto biellese e lo ha contaminato con quello della moda – senza perdere la sua unicità, la sua tradizione storica. Al Lanificio Cerruti continuano a chiamarlo al presente, anche se lo stilista, il padre della giacca decostruita, l’imprenditore internazionale, se n’è andato il 15 gennaio 2022. Il Signor Nino è ancora dentro al Lanificio Fratelli Cerruti: lo si ritrova tra gli archivi, vicino ai telai o nel magazzino delle lane. Il Lanificio è la sua casa.
Una questione di famiglie, quella che unisce un passato industriale e un territorio fertile di risorse necessarie per la produzione come l’acqua. Nel 1881 i tre fratelli Cerruti aprono il lanificio, l’unico che ancora oggi si trova dentro le mura della città sulle sponde del torrente Cervo. Già nel 1900 la produzione annua è pari a 10mila pezze di tessuti fini pettinati. Nel 1940 l’apertura ai mercati esteri, prima le Americhe poi il Medio Oriente. Cinque anni dopo, a guerra conclusa, il Lanificio F.lli Cerruti conta 700 addetti per 140 telai attivi e 7.100 fusi per filare. Silvio Cerruti viene designato Presidente dell’Associazione dell’Industria Laniera Italiana e il suo lanificio diventa un punto di riferimento.

Il cambio arriva dopo la morte prematura di Silvio, quando suo figlio vent’enne è costretto ad abbandonare gli studi di Filosofia e Giornalismo e prendere le redini dell’azienda. «Il meno biellese dei biellesi», dicono riferendosi al Signor Nino per il suo animo visionario. Una vocazione genetica per la materia prima e la ricerca della bellezza nella vita quotidiana lo portano ad appassionarsi al Lanificio – che come logo ha una caravella (ad indicare l’amore per il viaggio e la scoperta) ma con i punti cardinali invertiti per un errore tipografico, diventato poi una firma riconoscibile.
Non solo lana: Nino Cerruti unisce la sua passione per l’arte, l’architettura e il cinema con il mondo tessile. Legato ad artisti come Christo, che aiuterà nella ricerca dei tessuti per coprire il Pont-Neuf Wrapped a Parigi nel 1985. Le guide alpine di Chamonix supportarono il montaggio indossando t-shirt realizzate con i tessuti del Lanificio. Ma soprattutto, è il legame con l’architetto Vico Magistretti che lascia il segno. Dalla progettazione degli showroom di Parigi, San Sepolcro, Milano, Vienna, Tokyo e Teheran fino alla struttura moderna dentro le mura del Lanificio a Biella, oggi sede dell’azienda e della produzione collegata agli edifici ottocenteschi con una ponte.


Se «Non può esistere moda eccellente senza un tessuto eccellente», diceva Nino Cerruti, la ricerca e l’attenzione alla sostenibilità non possono fermarsi. Per questo non ci sono solo lane della Nuova Zelanda, dell’Australia e il cashmere della Mongolia ma anche una lana unica al mondo e completamente made in Italy destinata alle migliori sartorie. È la Sopravissana, lavorata nell’Antico borgo Pettino dal 1486 dalla famiglia Chiacchiarini. Il passo tra la scelta dei tessuti e il prêt-à-porter si respira dentro all’archivio con migliaia di campioni raccolti in più di ottocento libri di segreti, combinazioni e nuove idee creative. «Di solito», raccontano dal Lanificio: «è la stanza in cui ci si ferma sempre di più, anche durante ApritiModa».
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