Il velluto di Venezia e la Tessitura Luigi Bevilacqua

Dal medieovo agli anni '50: l'origine del prezioso tessuto, la storia di chi lo ha tramandato

1 aprile 2021

Venezia è la città del Canal grande, di Piazza San Marco e delle gondole ma è anche il luogo che ha tramandato nel tempo, dal medioevo fino ai giorni nostri, il velluto. Il tessuto pregiato si chiama così perché deriva da vellus, pelo in latino. Originariamente si realizzava a mano con pura seta, poi sono arrivati i ferri e i telai. La sua mano morbida e liscia si riconosce all’istante mentre la sua storia è meno nota.

«A Venezia c’erano i veludèri, quelli che producevano i velluti e che avevano imparato a conoscere questo tessuto grazie ai tessitori lucchesi, arrivati in laguna dopo aver chiesto asilo politico all’epoca dei Guelfi e dei Ghibellini», racconta Alberto Bevilacqua – amministratore delegato della Tessitura Luigi Bevilacqua, manifattura tessile fondata nel 1785 dal suo bisnonno (ma questione di famiglia dal '400). Prima che arrivasse il velluto in città, siamo intorno al 1300, a Venezia esiste già un tessuto molto pregiato di origine persiana: lo sciamito. «Esisteva l’arte dei samitieri, tessitori esperti nella lavorazione di questo tessuto particolare che oggi si potrebbe paragonare al broccatello». Nel 1265 la produzione degli sciamiti, molto pesanti e di inestimabile valore, si diffonde a tal punto che nasce una corporazione ad hoc, con una chiesa dedicata (quella dei Gesuiti) e un patrono (San Cristoforo). Dal 1347 la stessa chiesa si divide con un’altra arte, quella dei veludèri e la loro corporazione: la Corte della Seta. I tessitori si riuniscono solo nel 1488 in un’unica corporazione, quella dell’Arte dei filadori de seda con sede ultima nella Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia.

«Il velluto è importantissimo per Venezia, nel 1500 – periodo del suo massimo splendore, c’erano circa sei mila telai per 1200 tessitori al lavoro. Ogni famiglia aveva un telaio mentre l’ordimento si trovava presso gli opifici», spiega Bevilacqua. Un ruolo fondamentale per tramandare regole (come quella di usare solo seta per produrre tessuto, pena la distruzione dello stesso) e saper fare del velluto, quello delle scuole. I telai ancora oggi presenti e operativi alla Tessitura Luigi Bevilacqua appartenevano alla Scuola della Misericordia. «Durante l’occupazione di Napoleone furono chiuse tutte le scuole», sottolinea Bevilacqua. La fondazione della manifattura di famiglia ha invece permesso che maestria e competenze del velluto non si perdessero.

Il soprarizzo è il velluto a mano più pregiato che le tessitrici della Tessitura realizzano ancora come nel settecento. È chiamato così perché ha due livelli di pelo, uno alto liscio e uno più basso riccio: «si ottiene così un effetto tridimensionale e una variazione cromatica nel tessuto». Durante il 900 il soprarizzo viene usato per l’arredamento o per i paramenti di alcune chiese «poi arriva nel 1953 Roberta Camerino, la stilista diventata amica di mio padre», ricorda Bevilacqua: «lei pensò di introdurlo per le borse». Dopo la Bagonghi, la borsa in velluto acquistata anche da Grace Kelly, il velluto torna protagonista negli accessori e diventa nuovo desiderio per l’alta moda. E la Tessitura Bevilacqua, grazie al suo sapere antico e ai suoi meravigliosi velluti, continua a realizzare tessuti esclusivi per le più importanti maison del mondo e per le case reali.

Let's stay in touch

News, previews, initiatives about the world of fashion, ApritiModa and its partners