Lis Furlanis: scarpets come vuole la tradizione
La storia delle friulane e il loro spirito resiliente
19 ottobre 2020
Sacchi di iuta, copertoni delle ruote delle biciclette, tessuto, ago e filo. Per creare le friulane, oppure al maschile – gli scarpets – come si faceva un tempo servono poche cose ma il risultato è sempre un pezzo unico, inimitabile. La storia di queste “pantofole” risale alle campagne del Friuli, quando le donne si operano per realizzare delle scarpette per tutti i giorni con materiali di scarto.
Dall’economia domestica friulana, attraverso i mercati, arrivano sulle gondole della laguna veneta, apprezzate dai gondolieri per la suola antiscivolo. Le friulane si fanno notare tra le calli veneziane e passano ai velluti e alle passamanerie, conquistando i palazzi. Chic, semplici e fatte interamente a mano, le ciabattine diventano una tendenza.
In Friuli, a Gonars, c’è chi ancora realizza le friulane come vuole la tradizione. Nel laboratorio di Lis Furlanis gli scarpets prendono forma dalle sagome dei cartoni delle pizze, dai ritagli delle scatole della pasta. Tutto viene riutilizzato e lavorato con cura. Le suole si realizzano con la gomma delle ruote delle biciclette, la iuta dei sacchi del caffè serve come rinforzo mentre scampoli di tessuto (di ogni genere) rappresentano l’infinito campionario disponibile per le tomaie.
Sulle librerie del laboratorio si trovano velluti, cotoni, stampe dal mondo del design, ritagli ricavati dall’arredamento, denim. Aziende diverse collaborano con Lis Furlanis per dare una seconda bellissima vita alle loro stoffe, esattamente come facevano le signore friulane.
Anche gli stampi, le fustelle e le macchine da cucire sono state recuperate, sono le stesse che si utilizzavano cinquant’anni fa. Manualità, rispetto per la natura e artigianato di un territorio collaborano. Ingegno, made in Italy e spirito creativo – ancora una volta – creano qualcosa di magico. Il risultato è una scarpetta versatile, coloratissima e sempre nuova: una friulana.
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