D'orica: un gioiello da indossare

L'eccellenza orafa veneta diventa un primato della seta made in Italy

1 ottobre 2020

«Un giorno ho provato ad assemblare il filato con dell’oro. Ho iniziato con il cashmere, poi ho pensato alla seta. Cercavo qualcosa di leggero, sofisticato, raffinato e femminile. La seta è tutto questo», racconta Daniela Raccanello, co-fondatrice e mente creativa di D’orica.

«Prima di tutto c’è mia moglie Daniela». Inizia così a raccontare la storia della loro azienda orafa e tessile Giampietro Zonta. Coppia da quarantacinque anni, da 31 uniti anche nella vita professionale (insieme al figlio Federico, amministratore) e da sempre – orgogliosamente veneti. D’orica è nata nella cantina della loro casa, oggi è una B-Corp che ha ripreso la produzione tessile della seta in Italia.

«Non sono una designer, sono un’anima creativa in diversi settori. Dalla cucina alla sartoria. Anche quando i bambini erano piccoli venivo chiamata dalla scuola per preparare i costumi degli spettacoli», racconta Daniela. I loro non sono semplici gioielli ma creazioni su misura, manufatti che oggi vengono richiesti in tutto il mondo. «Io non parto da basi grafiche ma sento la materia tra le mani e la manipolo». Una casualità geniale che ha portato anche alla realizzazione di un oggetto unico, un gioiello filato con la seta 20-22 denari e completamente made in Italy. Tutta la filiera della seta, dal seme-baco al filato e al prodotto finito è la prima certificata in Italia da Unionfiliere della Camera di Commercio e, ad oggi, l’unica.

«L’unico problema era trovare dei produttori di seta italiana. La filosofia della nostra azienda è fondata sulla sostenibilità degli ambienti, sul benessere delle persone e su una filiera corta, cortissima. Realizziamo tutto nel nostro stabilimento a Nove, in provincia di Vicenza», spiega Zonta.

Per questo, dopo aver scoperto che in Italia non esisteva una produzione tessile di seta da oltre cinquant’anni, hanno deciso di comprare una piccola filanda in disuso a Castelfranco Veneto e di ripartire. Nessuno sapeva usare i macchinari del passato, ma con le conoscenze dei vecchi artigiani, testimoni di un lavoro ormai abbandonato, la filanda ha ripreso vita. Grazie al Consiglio per la ricerca in agricoltura e analisi dell’economia agraria di Padova è stato possibile riattivare una rete di agricoltori che utilizzano le foglie degli alberi di gelso per nutrire allevamenti di bachi da seta. Dopo due anni di ricerche e interminabili prove D’orica è riuscita ad ottenere un filato di qualità a titolo continuo riconosciuto dal Centro Tessile Serico di Como.

Il filo prezioso diventa trama perfetta per le creazioni orafe da indossare, e non solo. «Adesso viviamo una crisi d’identità», sottolinea Zonta: «Eravamo semplicemente degli artigiani che sapevano lavorare l’oro, ora abbiamo riscoperto la possibilità di unire il più prezioso dei metalli con il più pregiato dei tessuti. Abbiamo creato un ibrido, un’eresia».

Un’invasione di campo bellissima: D’orica vuole continuare a produrre oggetti meravigliosi, sempre diversi e sempre fatti a mano ma non esclude collaborazioni con importanti case di moda. All’interno della filanda abiti realizzati in oro e seta 100% italiana. Visitare l’azienda di Nove significa vedere la strada percorsa dal bozzolo di seta, al tessuto, al gioiello, fino all’abito.

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