Zagabria, 1938. Jagica è una donna intraprendente, da apprendista si mette in proprio e apre la sua produzione di fazzolettoni. Non è facile da capire oggi, ma allora i fazzolettoni sui capelli, specie durante il lavoro nei campi, non erano un accessorio, erano una necessità. Anche un messaggio: coloratissimi per le ragazze da marito, più discreti per le donne sposate; quasi cupi nella mezza età, neri di lutto per le vedove ma pronti ad essere schiariti quando il cuore si apriva a un possibile secondo marito. Disegni e colori parlavano di status, appartenenza, religione. Negli anni Sessanta in azienda arriva il figlio Angelo. I quadri per la serigrafia sono ormai usurati e quelli nuovi li ordina a Como; anche per i tessuti sceglie fornitori italiani, perché vuole il cotone migliore, che non scivola sui capelli e non rimbomba nelle orecchie. Assieme alla moglie Jagoda porta insomma oltrecortina un prodotto italiano: la sua fama si estende a tutto l’est d’Europa. A mettere fine all’attività, negli anni Novanta, sono la guerra, il cambiamento dei costumi e infine un incendio. Sarà vent’anni dopo il figlio Marco a recuperare quegli stampi e a farli restaurare. È il 2014. I fazzolettoni non si usano più, ma quelle stampe hanno ancora un fascino straordinario: Marco le trasferisce su felpe, zainetti, t-shirt, bandane, cravatte. Trova a Trieste il luogo del cuore, sceglie per la sua bottega il nome Dezen, la forma storpiata dai turchi per dire dessin, disegno in francese. Dezen Dezen, due volte, come ripetuti sono i motivi stampati sul tessuto. Ogni accessorio che esce oggi dalla bottega di Cavana è un capo unico: fatto dalle mani, figlio di una storia.
Eventi vicini a Dezen Dezen

Dezen Dezen
Via E.F. Duca d'Aosta, 6b, Trieste (Trieste)
Ad appena duecento metri dal mare, e un tempo popolato da squeri e marinai, fino a qualche anno fa questo quartiere non godeva di buona fama. Oggi Cavana è una delle zone più affascinanti di Trieste ed è qui che ha trovato casa Dezen Dezen, il laboratorio che ha dato nuova vita ai fazzolettoni che coprivano il capo delle donne dell’est europeo. In un dedalo di viuzze, tra botteghe artigiane e ristorantini, oltre due pesanti battenti di legno e una porta di vetro e ferro battuto sembra di entrare nell’atelier di un pittore: ci sono barattoli di colore, quadri che sono stampi per la serigrafia, grembiuli e pennelli. In queste stanze Marco Cernogoraz ogni giorno ripete gesti antichi che porta nel Dna e usa vecchi strumenti di famiglia mettendo d’accordo il fashion con la tradizione. Vederlo al lavoro, ascoltare il suo racconto, entrare nella cucina dove bandane e t-shirt vengono infornate per il fissaggio della stampa prima di finire ordinate nello showroom è un viaggio sulla rotta della passione.
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