Il Podcast di ApritiModa: Tessiture

Il battito dei telai: la sapienza dell'intreccio

30 gennaio 2023

Mi sono sempre chiesta perché l’Italia, che è un puntino sulla carta geografica, sia conosciuta e amata ovunque.

Tutto il mondo sa che esistiamo perché siamo il Paese della bellezza, geografica, artistica culturale. Ma siamo anche e soprattutto il Paese che fa le cose più belle e benfatte del mondo.

È il nostro vero potere, il Made in Italy.

Mi sono messa in testa che il nostro saper fare è un patrimonio da scoprire e da conoscere.

Per questo ho inventato ApritiModa. Un viaggio dentro le storie del bello e benfatto italiano

Cinzia Sasso ideatrice e fondatrice di ApritiModa.

La voce dei protagonisti, parte del mosaico delle eccellenze del Paese, è diventata una serie di Podcast. Pelle, Tessitura e telaio, il Distretto biellese, le Sartorie teatrali e Milano: la città dove tutto è iniziato. Cinque racconti per molte altre storie che si intrecciano tra famiglie, ricordi, territorio e amore. 

Il Podcast di ApritiModa è stato realizzato con Dr.Podcast Audio Factory Ltz, di seguito un estratto della puntata dedicata alle Tessiture nelle sue eccellenze. 

È un suono che si sente riecheggiare da secoli, eppure non così conosciuto. È il suono di un telaio al lavoro. Uno strumento dalle origini antichissime in cui si intrecciano due fili perpendicolari, chiamati trama e ordito, per dare vita a splendidi tessuti. Questo suono è la colonna sonora di tre eccellenze del Made in Italy che grazie alla loro arte, hanno reso i tessuti italiani tra i più amati al mondo.

Cominciamo dalla più antica tessitura ancora in attività in Europa. Siamo a Venezia, dove si trova la Tessitura Luigi Bevilacqua. A guidarla oggi ci sono Rodolfo Bevilacqua e suo fratello Alberto.

«In questo tipo di attività è necessario la trasmissione della conoscenza. Se non c’è questa trasmissione, purtroppo, queste attività sono destinate a perdersi», racconta Alberto Bevilacqua. La tessitura Bevilacqua è conosciuta e apprezzata in tutto il mondo per i suoi velluti e in particolare per il loro prodotto più pregiato, Il velluto soprarizzo Leoni che nasce dai fili di seta delle 400 bobine del telaio su cui viene prodotto.

«Magari succederà un domani che con le stampanti riusciranno a fare il soprarizzo», la differenza si vedrà perché: «sono prodotti fatti manualmente e talvolta possono presentare delle piccole imperfezioni, che però in realtà poi sono un pregio, perché sono la prova che il tessuto è fatto manualmente con l’opera, soprattutto grazie all’opera umana».

Quando parliamo di tessitura manuale si parla per telaio, per tessitrice si parla di qualche decina di centimetri al giorno. La visita alla tessitura Bevilacqua è occasione per uno speciale viaggio nel tempo e per scoprire gli antichi segreti di questi splendidi macchinari.

Lasciamo Venezia per spostarci sull’Arno, a Firenze.  Nel quartiere San Frediano ha sede l’Antico Setificio Fiorentino, attivo dal 1786 e che nacque come testimoniano i cognomi presenti su alcuni telai, per soddisfare le richieste delle nobili famiglie fiorentine dei Gherardesca, dei Pucci, dei Bartolozzi, Corsini e Agresti. Qui non solo operano telai centenari, ma persino un bellissimo orditoio realizzato su disegno originale di Leonardo Da Vinci.

A raccontarci questa bellissima storia è Elisabetta Bardelli Ricci, general manager di Antico Setificio Fiorentino, che dal 2010 è gestito dal brand Stefano Ricci. Un’acquisizione che è soprattutto una questione di cuore:

«E solo per amore del made in Italy e dell’artigianato, del fatto a mano puoi pensare di acquistare, di rilevare un’azienda così perché sicuramente con i tempi di oggi non è competitiva a un’eccellenza e un prodotto di altissimo livello. Però la nostra eccellenza è il vero fatta a mano. A noi per produrre due metri e mezzo di tessuto ci vuole un giorno».

Tra i lavori più importanti dell’Antico setificio ci sono gli arredi di Palazzo Madama e del Quirinale, il Cremlino. L’arredamento è e rimane il cuore produttivo dell’azienda. Negli anni però nascono anche importanti collaborazioni con marchi di alta moda, come Prada, Dolce e Gabbana.

Dal fiume Arno ci trasferiamo vicino al lago di Como. Qui, nel 1945 Antonio Ratti fonda la sua attività, realizzando cravatte e foulard di seta.  Pochi anni dopo, nel 1958, viene inaugurato lo stabilimento di Guanzate, dove si realizza l’intero processo produttivo della seta: dalla tessitura alla tintoria, la fotoincisione, la stampa e il finissaggio.

«L’eredità che mi ha lasciato Antonio Ratti è molto vasta. Se cerco di riassumerla sceglierei quattro sostantivi. Da una parte il prodotto, in seguito la visione, la squadra e l’ambiente», racconta Donatella Ratti, figlia del fondatore.

La seta Ratti è un oggetto del desiderio, unico nel suo genere. Per realizzare le richieste più complesse, come ad esempio la pittura su tessuto o eseguire effetti originali, come le trasparenze ad acquerello, entrano in campo i “disegnatori”, che realizzano lo schizzo su carta prima di predisporlo per la stampa e la tessitura. Una storia legata sin dal principio all’amore per il disegno e per l’arte: «Mio padre nel 1995 costituisce la Antonio Ratti Textile Center, che è uno spazio di circa 2000 metri quadri dove vengono restaurati e catalogati i tessuti del Metropolitan di New York».

Insieme al centro di New York, esistono altre due realtà che testimoniano la volontà di Antonio Ratti di conservare al meglio i tessuti e di condividere e tramandare la conoscenza della seta e dell’arte. Nel 1985 nasce la fondazione Antonio Ratti, a Villa Sucota, un centro di studio e sperimentazione che ospita oltre 3mila frammenti di tessuti provenienti da ogni latitudine, più di 30 mila reperti tessili e una biblioteca con migliaia di volumi dedicati alla moda e le arti applicate.

All’interno dell’azienda di Guanzate si trova invece il prezioso Archivio Ratti che conta oltre 600mila tessuti e bozzetti e tutti i campionari dell’attività tra cui l’F1, il primo foulard disegnato dal fondatore nel 1945. «Per noi è importante trasmettere ai giovani, rendere visibili gli aspetti del nostro mestiere che altrimenti non sarebbero comunicati. Perché conoscere un mestiere, conoscere e conoscere tutto quello che è dietro la scena».

Per ascoltarlo integralmente:

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